In questo mese ricorre il cinquantenario della vittoria di Sandro Munari e Mario Mannucci, con la Lancia Fulvia HF n. 14, al Rallye di Montecarlo del 1972. Fu una vittoria memorabile, incredibile, un po’ come quella della Ferrari a Daytona nel 1967, in casa del nemico e contro ogni ragionevole previsione. E’ quindi il momento giusto per raccontare i miei personali ricordi di quell’evento.
La passione per le corse, che mi porto dietro dal 1966, mi spinse ad organizzare una trasferta sul Col de Turini per assistere con alcuni amici all’ultima notte del rallye che, col duello finale tra la Fulvia di Munari e le Alpine, prometteva scintille.
Il parco concorrenti era come al solito di prim’ordine: sette squadre ufficiali:
Alpine, con cinque A110 1600S (Andruet, Andersson, Darniche, Nicolas e Thérier);
Datsun, con due 240Z (Aaltonen e Fall);
Fiat, con tre 124 Spider 1600 (Lindberg, Paganelli e Pinto);
Ford, con due Escort 1600 RS (Makinen e Piot);
Lancia, con cinque Fulvia rallye 1,6 HF (Ballestrieri, Barbasio, Kallstrom, Lampinen e Munari);
Polski-Fiat, con tre 125P 1500 (Jaroszewicz, Mucha e Zasada);
Porsche, con due 911S 2,4 litri (Larrousse e Waldegaard).
Ma al via, oltre agli “ufficiali”, si annoveravano anche altri nomi di spicco come Pianta, Ragnotti, Ballot-Lena, Slotemaker, Van Lennep, Chasseuil, Haldi, senza contare i forti equipaggi femminili guidati da Pat Moss e Christine Dacremont, entrambe alla guida di Alpine semi-ufficiali, e Marie Claude Beaumont su Opel Ascona.
I 23 chilometri della prova del Turini, per gli spettatori, non erano solo elettrizzanti per il tipo di tracciato solitamente innevato e ghiacciato che si inerpicava fino ai 1600 metri del colle, ma strategici perché consentivano di assistere senza spostarsi ai tre passaggi notturni previsti durante l’ultima tappa. I concorrenti avrebbero percorso la “speciale” una volta verso Nord, da Le Mulinet a la Bollène-Vesubie, le altre due in senso inverso.
Nei giorni precedenti l’entusiasmo era a “mille” perché dopo l’iniziale sfuriata delle Porsche, Munari con una guida entusiasmante sulla neve, “navigato” perfettamente da Mannucci, era sempre stato in testa tenendo a bada, sia pure di misura, le Alpine che pur vantavano 200 chili di peso in meno rispetto alla Fulvia e anche qualche cavallo in più.
Purtroppo, Giovedì mattina prima di partire per la trasferta, apprendo dai giornali che alcuni concorrenti, dopo la prova speciale di 46 km del Burzet, hanno subito delle penalizzazioni al C.O. di Vals Les Bains, dove una fortissima tormenta di neve aveva creato un enorme intasamento. A Munari, che per inciso aveva staccato il miglior tempo nella p.s., attribuiscono due minuti e purtroppo la classifica alla partenza dell’ultima tappa viene ufficializzata così: 1° Andersson (Alpine), 2° Darniche (Alpine) a 3”, 3° Munari (Lancia) a 40”, 4° Andruet (Alpine) a 4’26”, 5° Nicolas (Alpine) a 14’28”, a seguire Larrousse (Porsche), Piot (Ford), e le altre Fulvia di Lampinen e Barbasio.
In seguito, venni poi a sapere che secondo Mannucci ritardo c’era sì stato, ma di un solo minuto e non due. Le rimostranze vennero palesate al d.s. Cesare Fiorio, ma non poterono per ovvii motivi avere seguito. La gara comunque era ancora aperta e partimmo certi di assistere ad uno spettacolo emozionante.
Alla frontiera si presenta un primo intoppo; uno dei miei amici ha scordato la carta d’identità! “Ma come ha potuto” penso io, e “ora che facciamo? Lo molliamo alla stazione?”. Fortunatamente i doganieri comprendono la situazione e grazie ad una serie di telefonate con la Questura di Genova lo fanno passare.
Così, dopo aver accumulato un bel ritardo sulla “nostra” tabella di marcia, arriviamo al villaggio di Le Moulinet, quando la Gendarmerie ha già chiuso al traffico la strada che sale al colle; siamo costretti a posteggiare nella piazza del paese e proseguire a piedi, ma questo ci consente di osservare a qualche decina di metri il forte dispiegamento dell’assistenza Alpine con diversi furgoni, pile di gomme più o meno chiodate, nugoli di meccanici che preparano crick, ferri e pezzi di ricambio.
Dobbiamo anche abbandonare in macchina parte del bagaglio previsto per trascorrere la nottata all’aperto, ma negli zaini non mancano un po’ di vettovaglie, un paio di bottiglie di liquore e i thermos col caffè caldo recuperato a Sospel. Ci rendiamo conto che il tempo a disposizione non ci consentirà di salire sulla cima del colle, e dopo qualche chilometro decidiamo di fermarci su un tornante dopo una serie di ponti in pietra; la neve è scarsa, ma è un buon punto di osservazione, da lì si può vedere un bel tratto del percorso antecedente. Poi comincia a nevicare, e io gongolo perché più è scarsa l’aderenza, più si livellano le prestazioni delle macchine e, forse, Munari potrà trarne vantaggio. I concorrenti intanto stavano affrontando la prima p.s. della tappa che non era favorevole alle caratteristiche della Fulvia.
La speciale del Turini è prevista attorno alle 20, non ci resta che attendere impazienti le macchine che transiteranno secondo l’ordine di classifica alla fine della tappa precedente. Tocca quindi alle due Alpine aprire le danze: passano come fulmini, sono metà della nostra altezza, i fari “sciabolano” nell’oscurità, e l’attrito dei chiodi nei tratti puliti sprigiona scintille!
Poi tocca alla Fulvia n. 14; il motore è imballato perché per farla scodare e favorirne l’inserimento nel tornante è necessario dare un vigoroso colpo di freni col piede sinistro, così poi si presenta già dritta per uscire dalla curva e poter imboccare a tutto gas il tratto successivo, avverto la progressione dei cambi marcia. E penso “certo le Alpine sono passate più veloci dimostrando un’agilità incredibile, speriamo ci sia tanta neve più in alto”.
Anche Larrousse con la 911S è velocissimo e scarica a terra tutti i cavalli del suo 6 cilindri 2,4. Osservo che non passa l’Alpine di Nicolas, problemi o incidente?
A questo punto devo fare un breve inciso.
A distanza di qualche giorno, lessi che nel tentativo di attaccare, Munari in quella prova sbagliò la scelta delle gomme. Affrontò il tracciato con una chiodatura troppo leggera e in alto, dove neve ce n’era eccome, si trovò in difficoltà. Chiuse la p.s. con 1’58” di ritardo su Darniche e 1’30” su Andersson. Un disastro! La Fulvia rimase terza ma a 3 minuti dal primo.
Poco dopo mezzanotte, ecco il secondo passaggio. Questa volta le auto affrontano il tratto in discesa e, sorpresa, passa solo una delle Alpine di testa! Ci guardiamo con aria interrogativa, evidentemente l’altra si è fermata, quindi Munari dovrebbe essere in seconda posizione. Non abbiamo radio, anche gli altri spettatori sul tornante si interrogano. Intanto arrivano gli altri concorrenti tra i quali ricordo lo spettacolare testa coda di Pinto con la 124, un balletto a 360° completo senza fermarsi e via di nuovo dritto nella direzione corretta, arriverà 8° assoluto con l’unica 124 superstite.
La terza prova del Turini è prevista alle 5 del mattino, dopo quattro ore. Che fare? Stiamo lì a morir di freddo? Propongo di scendere a Le Mulinet, alla ricerca di qualcosa di caldo da bere e mangiare, di informazioni certe sulla gara e assistere agli interventi dei meccanici a fine prova. Questa decisione si rivelò azzeccata e mi consente di raccontare alcuni episodi interessanti.
… Avvicinandoci all’abitato, nel silenzio più assoluto, cominciamo a sentire un rumore fisso e indefinito che aumenta man mano che scendiamo. Non ci spieghiamo cosa possa essere: un cantiere improvviso per un’emergenza? Un insieme di gruppi elettrogeni? Quando entriamo in paese non c’è anima viva, finestre e porte sono sbarrate, tutto chiuso. L’unico segno di vita è quel rumore quasi assordante che, ormai è chiaro, proviene da un motore acceso e ad alto regime. Ancora qualche decina di metri e, in una piazzuola laterale destra, scorgiamo una 124 familiare gialla della Squadra Corse Lancia col motore acceso.
Ci avviciniamo: sui sedili anteriori due meccanici dormono pesantemente col pedale dell’acceleratore pigiato a fondo! “Li svegliamo o li lasciamo dormire?”. Dopo un po’ decidiamo di svegliarli, sono un po’ confusi, ma poi ci ringraziano e spiegano che si sono addormentati con motore e riscaldamento accesi! Ci informano sulla gara: Munari è in testa, ha staccato tempi fantastici mettendo pressione alle Alpine alle quali ha ceduto il cambio! Sono al settimo cielo. La notizia comincia a diffondersi anche agli altri appassionati sopraggiunti. Nella piazza principale del paese, l’accampamento Alpine è ridotto a un furgoncino Estafette che darà appoggio alle A110 rimaste in gara, tra cui le Gruppo 3 di Bob Neyret e di Pat Moss che termineranno tra i primi dieci. Una disfatta per i francesi che l’anno prima avevano dominato.
…Piano piano il paese si anima, e gli italiani sono tantissimi e festanti. Torniamo alla Lancia dove arriva l’HF di Munari e Mannucci; vorremmo festeggiare, ma una sorta di energia scaramantica impedisce a tutti di farlo, prima della fine manca ancora una speciale, e poi c’è da assistere in religioso silenzio agli interventi dei meccanici che hanno bisogno della massima concentrazione. Ai due della 124 se ne sono aggiunti altri. Sollevano la macchina, cambiano le ruote, controllano dentro al cofano, armeggiano ovunque, puliscono i vetri, scambiano impressioni e rifocillano l’equipaggio, poi rabboccano il carburante.
Ma qualcosa va storto! Il tappo del bocchettone rapido in alluminio stenta a chiudersi, si è rotto qualcosa, “maledizione è un meccanismo semplicissimo!” Momenti di panico, siamo a pochi metri e osserviamo esterrefatti! Poi finalmente decidono come intervenire: lo chiudono con del robusto nastro adesivo rinforzato, tanti giri di nastro, fino a bloccarlo nella giusta posizione, e mandano via la macchina che “deve” avviarsi verso la vittoria!!!! A breve arriveranno la 21 di Lampinen, e la 26 di Barbasio anch’essi ben piazzati. Dopo, passata la tensione, il meno emozionato tra i meccanici, trova il tempo di spiegare la raffinatezza del suo intervento: ha terminato la nastratura con un grosso occhiello, staccato e ben visibile; e racconta “nel caso si rendesse necessario un ulteriore rifornimento all’assistenza successiva, capiranno subito il problema e potranno riaprire il bocchettone senza perdere troppo tempo”. E così, la Fulvia n. 14 conquisterà il Montecarlo col bocchettone di rifornimento difettoso.
Assistiamo ancora a qualche intervento ai concorrenti più attardati, poi incamminandoci verso la macchina passiamo davanti ai meccanici giapponesi della Datsun, stanno caricando i furgoni, sono organizzatissimi, hanno le tute dello stesso rosso aranciato delle macchine e sfoggiano curiosi caschetti con torce tipo “minatore” incorporate.
Ormai è giorno, siamo stanchi e infreddoliti, saliamo in macchina e ci mettiamo sulla via del ritorno. E’ Venerdì 28 Gennaio 1972, dalla radio apprendiamo che la Fulvia n. 14 ha vinto.
E’ riuscita a conquistare Montecarlo quasi alla fine della sua carriera agonistica, condotta da un equipaggio fantastico, sempre all’attacco, costringendo le favorite della vigilia a ritmi insostenibili per piloti e meccanica.
Per completezza non mi resta che riassumere la classifica finale: 1° Munari-Mannucci (Lancia), 2° Larrousse-Perramond (Porsche), 3° Aaltonen-Todt (Datsun), 4° Lampinen-Andreasson (Lancia), 5° Piot-Porter (Ford), 6° Barbasio-Sodano (Lancia), 7° Neyret-Terramorsi (Alpine), 8° Pinto-Eisendle (Fiat), 9° Ragnotti-Thimonier (Opel), 10° Pat Moss-Elyzabeth Crellin (Alpine).
Dei circa trecento partenti, solo una trentina giunse al traguardo.
Alla fine della stagione, Lancia conquistò il titolo di Campione Internazionale Rally grazie anche alle successive vittorie nei rally del Marocco (Lampinen) e di Sanremo (Ballestrieri).
Carlo Guastavigna
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